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Curare il prato presuppone delle pratiche differenti a seconda delle condizioni del terreno e dei semi per prato che vengono utilizzati: come si può ben intuire, infatti, un prato con delle zone diradate o leggermente ingiallito ha delle esigenze diverse rispetto a quelle di uno che è quasi del tutto sano. Si definisce sano un prato che presenza pochissime zone rovinate o indebolite, senza buchi o diradamenti. In questo caso è consigliabile un taglio basso intorno ai 3 centimetri, mentre per la rimozione del feltro è sufficiente un’arieggiatura, da eseguire con gli attrezzi appositi – gli arieggiatori, appunto -. Dopo che il materiale di risulta è stato raccolto con un rastrello a denti fitti, si può passare alla concimazione, che deve essere eseguita con un fertilizzante a cessione. Infine, occorre la biostimolazione.

Diverso è il caso di un giardino che è leggermente ingiallito, magari perché non sono stati scelti dei semi per prato adatti alle condizioni del terreno o del clima. In questo caso si è in presenza di un ambiente stressato: l’ingiallimento può essere stato provocato dalla neve invernale, ma anche dalla brina, dal ghiaccio o dal freddo. Non c’è da preoccuparsi più del dovuto, comunque, perché bastano poche precauzioni per fare in modo che l’erba torni vigorosa e verde come un tempo. Dopo aver messo in pratica i passaggi già visti in precedenza, è necessario aspettare un mese, o comunque il taglio del prato successivo, per effettuare un altro ciclo di biostimolazione, con due applicazioni in due settimane consecutive.

In un prato con zone diradate, infine, è indispensabile riportare uno strato di terriccio di prato non troppo spesso, nell’ordine dei 3 o 4 millimetri: il consiglio è quello di optare per un prodotto ecologico che funga da letto di semina per agevolare la radiazione delle semenze prato. Dopodiché si può proseguire con la risemina e con la trasemina.